Botrugno
è un comune salentino
di 3.046 abitanti situato in
provincia di Lecce.
Posto nell'entroterra della penisola salentina a 10 Km dal mar
Adriatico,
dista circa 40 km sia dal
capoluogo che da
Leuca
il punto più meridionale della provincia.
Geografia
Il comune di Botrugno si
estende per circa 9 km² e confina a sud con il comune di San
Cassiano, a sud-ovest con il comune di Supersano, a nord con il
comune di Scorrano e a nord-est con il comune di Sanarica. Il
territorio comunale risulta compreso tra i 83 e i 114 metri sul
livello del mare. L'escursione altimetrica complessiva risulta
essere pari a 31 metri.
Toponimo
Il toponimo Botrugno è di provenienza bizantina, con chiaro
riferimento all'uva e ai vigneti che, secondo la tradizione,
sorgevano su questo luogo. Pare derivi dal greco Botruomai che
significa produrre grappoli d'uva. Potrebbe derivare anche da
Botruoduros (che ha delle uve).
Cenni Storici
Fondato originariamente dai greci, inizia a prendere vita dopo
la distruzione della vicina Muro Leccese ad opera di Guglielmo
il Malo nel XII secolo. Il villaggio fu dato in feudo nel 1193
dal normanno Tancredi a Lancellotto Capace. In seguito passò ai
Maramonti, che vi costruirono l'imponente palazzo marchesale, e
poi ai Castriota-Scanderberg ed infine ai Guarini. Fu nel
periodo dei Castriota che Botrugno vide il momento di grande
splendore e lustro grazie al prestigio della casata e alle
ricchezze prodotte mediante scambi commerciali. Nel 1817
l’ultimo dei Castriota, Francesco Maria, che fu anche l'ultimo
marchese di Botrugno, donò il feudo ai Guarini. Ma allora il
potere feudale era già cessato in quanto i comuni erano passati
sotto il governo dei decurionati locali. Già frazione del comune
di Nociglia, Botrugno è comune autonomo dal 13 marzo 1958.
Lo
Stemma Comunale
Stemma d'oro, granchio montante
di nero, ramo di vite, cometa con due raggi ondeggianti.
I
MONUMENTI
Il Palazzo
Marchesale
I
Maramonte, padroni di Botrugno sin dal secolo XIII, lo vollero
edificare verso il 1400, nella parte allora più alta del paese.
Nel gennaio del 1654 i Maramonte, le cui fortune erano andate
precipitando, decisero di vendere il casale di Botrugno, insieme
con tutti i suoi beni, compreso il palazzo, ad un’altra non meno
nobile e prestigiosa famiglia, quella dei Castriota Granai nella
persona di Carlo Castriota, già barone di Melpignano. Fu allora
che il palazzo marchesale, che sotto i Maramonte aveva
conservato soprattutto le caratteristiche di una piccola
fortezza, fu trasformato in una vera e propria residenza
nobiliare sino ad assumere la struttura e la fisionomia che
conserva sino ad oggi e che ne fa uno dei palazzi più imponenti
della provincia di Lecce. I lavori di trasformazione strutturale
ed architettonica occuparono la prima metà del 1700, mentre la
seconda metà del secolo vide all’opera rinomati pittori “ornamentisti”,
(come quel Ludovico Giordani il cui nome è leggibile ancora oggi
nel salone centrale del palazzo) che completarono gli interventi
decorando ed affrescando gli ambienti superiori del palazzo. Chi
visita oggi la costruzione resta ammirato per l’ampiezza e il
numero dei locali: al piano terra un vasto cortile e un totale
di 77 vani, tra cui cantine, depositi e una stalla grande per
poter ospitare dodici cavalcature; al primo piano 46 vani, tra
cui due grandi saloni oltre alle ampie terrazze che cingono il
palazzo. La pietra leccese è l’elemento dominante sia nella
struttura portante dell’opera sia nella decorazione esterna, con
varietà di copertura a volta che vanno da tipo a botte, a quella
di padiglione o a spigolo. L’accesso avviene attraverso due
portoni che recano inquartato lo stemma dei Castriota e dei
Maramonte da una parte e quello dei Castriota con i Guarini
dall’altra; essi si aprono su un ampio fronte che si conclude
con gli spigoli arrotondati del tutto simili e che sorregge una
balaustra lunga l’intera facciata con mensoloni di chiara
ispirazione barocca. Da uno di questi portoni si accede
all’atrio che, tramite uno scalone monumentale, porta ad una
prima sala dove il soffitto recava dipinti lo stemma dei
Castriota, mentre sulle pareti era possibile ammirare a colori
gli stemmi di altre diciotto famiglie leccesi, tutte imparentate
con i Castriota. Già nell’Ottocento questo soffitto, oggi
completamente demolito, era in gran parte degradato. Passando
poi attraverso due stanze dipinte e decorate alla “pompeiana”,
si accede alla grande sala di ricevimento, tutta dipinta a
fresco in elegante stile barocco ad opera, come si è detto, del
pittore Ludovico Giordani, che volle anche lasciare la data di
conclusione dei lavori, il 1773. Segue la parte nobile del
palazzo;si tratta di quattro stanze in cui si ripetono i motivi
ornamentali già presenti nel salone centrale, da una delle quali
si può scendere nella cappella del palazzo dedicata a Sant’Anna.
Infine si trovano altre sei camere che concludono la struttura
del piano superiore. Nella parte retrostante del palazzo era
attaccato un giardino pieno di alberi comuni ed agrumi, con una
casa a tetto, tre pozzi d’acqua sorgiva, con due lunghe file di
colonne di pietra leccese che reggevano ampi pergolati sotto i
quali erano stati collocati sedili di pietra leccese. Oggi, di
questo ampio giardino, rimane solo una piccola parte, in seguito
all’apertura delle strade che ne hanno modificato completamente
il volto. Così come nulla è rimasto del ricco arredamento e
della dotazione pittorica del palazzo che raggiungeva la cifra
di 84 pezzi. Oggi il palazzo è ricordato come il “Palazzo
Guarini”. In effetti, i Guarini ne entrarono in possesso solo il
24 maggio del 1817, quando l’ultimo Castriota, che fu anche
l’ultimo marchese di Botrugno, Francesco Maria, decise di donare
ad Oronzo Guarini la terra e il feudo di Botrugno e lo stesso
titolo di Marchese.
LE CHIESE
Chiesa
Parrocchiale (SecoloXVI)
Sorse verso la
fine del XVI secolo al posto di una preesistente cappella
dedicata a San Rocco ed ebbe sin d'allora il titolo dello
Spirito Santo. Si trattava di una costruzione più piccola di
quella attuale, la cui prima descrizione ci venne fornita nel
1608 durante una visita di Mons. De Morra. Allora aveva solo tre
altari (quello maggiore, quello dell'Immacolata Concezione e
quello della SS. Trinità). Solo verso il 1656, l'anno della
peste, fu costruito l'altare di S. Oronzo. L'attuale struttura
fu edificata nel corso del Settecento. Nel 1838 il numero degli
altari fu portato a nove. Nel 1958 venne rifatto il fronte..
L'organo fu costruito verso il 1910 dalla ditta Francesco Mascia
di Napoli.
Cappella
del Convento (SecoloXVI)
Fu costruita verso la fine del secolo XVI per volontà del barone
Tarquino Maramonte, al punto estremo di quella che era chiamata
via del Castello. Faceva parte del Convento dove dimorarono
dapprima gli Agostiniani e poi i Francescani. Fu dedicata sin
dall'inizio alla Vergine SS. sotto il titolo della Madonna di
Costantinopoli in conseguenza del fatto che vi era stata
trasportata una pittura a fresco di stile bizantino raffigurante
appunto la "Vergine col Bambino" All'interno è collocato il
sarcofago di Raffaele Maramonte, insigne guerriero, con la data
1596. Il convento fu soppresso nel 1866; destinato dapprima ad
ospitare le scuole elementari, fu poi venduto il 16 settembre
1895 con pubblica asta per la somma di lire 1000.
Cappella dell'Assunta o Congrega
(secolo XIV-XV)
Antica cappella di rito greco, conserva ancora un'abside
affrescata databile al XIV-XV secolo che è un'importante
testimonianza dell'arte bizantina in Terra d'Otranto e ne
costituisce un prezioso documento locale. Ebbe vari titoli:
quello di San Nicola (uno dei santi riprodotti nell'abside), di
Santa Maria degli Angeli e infine della Madonna Assunta in
Cielo. Nel corso del 1500 fu anche Chiesa Madre con il titolo
dello Spirito Santo. Nella prima metà del 1700 fu ricostruita
assumendo l'aspetto attuale. E' sede della Confraternita,
fondata con Regio Assenzo il 12 novembre 1790
Cappella della Madonna della
Serra (Secolo XX)
Fu costruita dall'ANAS alla fine degli anni '60, a pochi metri
dalla statale, al posto di un'antica cappella seminterrata che
sorgeva dall'altra parte dell'incrocio, tra la statale
Maglie-Leuca e la strada che conduceva al feudo di Botrugno.
L'Arcivescovo Pollio in occasione dell'inaugurazione, donò una
tela dell'Immacolata che fu trafugata negli anni '90.
Chiesa
di Santo Solomo (Secolo XV)
Costruita dal barone Giacomo Maramonte verso la metà del secolo
XV, passò poi ai marchesi Castriota e dalla metà del secolo XIX
al capitolo di Castiglione, che poi l'ha ceduta recentemente al
Comune di Botrugno. All'inizio del secolo XVIII fu ampliata con
la costruzione di due piccolo locali. Il santo, che nel Basso
Salento è presente anche ad Uggiano e nella Basilica di Santa
Caterina in Galatina, nei secoli scorsi godette di una certa
notorietà ed era festeggiato tre volte l'anno.
Il Calvario (Secolo
XIX)
Del Monte Calvario di Botrugno esiste solo un atto datato 27
ottobre 1897 che così recita e giustifica la costruzione dello
stesso: “Dichiaro io qui sottoscritto di aver ricevuto dal
sacerdote don Giovanni Antonio Scarpa in Botrugno la somma di
lire Trenta a saldo delle lire seicento dovutemi per la
costruzione del Monte Calvario da me eseguita in Botrugno
stesso. Per sua cautela a giustificazione rilascio le presente
dichiarazione anche a saldo di tutto il mio avere. Poggiardo
27 ottobre De Santis Pasquale”
Cappella della Madonna del
Carmine (Secolo XX)
Fu costruita in via Vittorio Emanuele al posto di un'antica
cappella. Il quadro della "Madonna del Carmine" di scuola del
Giaquinto, presente in questa cappella, vi fu trasportato dalla
Chiesa Madre nel 1952. Fu aperta al culto il primo novembre
dello stesso anno.
I
MONUMENTI RUPESTRI
Il Menhir di Montebianco
I
menhirsono blocchi di pietra grezza di
sezione rettangolare (più rari quelli a sezione quadrata), alti
da 1, 5 a 5-6 metri e infissi nel terreno per circa 1 metro.
Alcuni storici fanno risalire l’origine dei menhir all’Età del
Ferro, altri invece ad un’epoca più recente. Diffusosi tra III e
II millennio avanti Cristo nell’Europa del Nord (Francia e isole
britanniche), il menhir sembra sia stato utilizzato nel Salento
in epoca romana come arcaico segnale stradale, visto che si
trova spesso in corrispondenza di quelli che erano gli incroci e
i più importanti tracciati viari del tempo. A Botrugno è
possibile ammirare un menhir in località Montebianco.
La Specchia di Montalto
Il
toponimospecchia
deriva dal latino speculum, usato per indicare un punto di
avvistamento. In Puglia si dicono specchie i cumuli di pietrame
delle più svariate origini, ma particolare attenzione meritano
le piccole specchie, il cui tumulo ha un diametro tra i 10 e i
15 metri e un’altezza di circa 4 e che custodiscono al loro
interno dolmen con funzione tombale e le grandi specchie che
raggiungono un’altezza compresa tra 10 e 15 metri, ma al cui
interno non custodiscono nulla. Le grandi specchie sono presenti
per lo più vicino alla costa e sono collocate su delle alture in
modo tale da avere una visuale privilegiata, per tenere
costantemente sotto controllo il litorale e il mare. Nel
territorio di Botrugno è presente una specchia in località
Montalto.